Prima
di iniziare a leggere questa storia ero molto scettica. Adoro i
romanzi della Harmon (“Sei il mio sole anche di notte” è uno dei
miei preferiti), ma cimentandosi in un genere completamente nuovo,
non si sa dove si va a parare. Questo libro, infatti, è un fantasy.
La storia raccontata è quella della piccola Lark e del suo dono, il
dono di saper usare le parole e lanciarle come incantesimi. Ma quella
di Lark è la storia che racchiude quella di Jeru, la città dove
vive.
In passato Jeru era popolata da molti individui che avevano un dono, chi quello delle parole, chi quello della mani, chi quello di guarire e chi quello di trasformarsi in qualsiasi animale. Ma non sempre questi doni erano orientati al bene, così un gruppo di guerrieri uccise i possessori del dono e prese il comando della città. Chiunque avesse il dono veniva processato a morte.
In passato Jeru era popolata da molti individui che avevano un dono, chi quello delle parole, chi quello della mani, chi quello di guarire e chi quello di trasformarsi in qualsiasi animale. Ma non sempre questi doni erano orientati al bene, così un gruppo di guerrieri uccise i possessori del dono e prese il comando della città. Chiunque avesse il dono veniva processato a morte.
Lark
è piccola e fragile, non sa che quelle parole che lei usa per far
giocare le sue bambole, possono essere in realtà pericolose. La sua
mamma per proteggerla, viene uccisa al suo posto, ma prima di morire
toglie la voce a Lark, affinché non venga mai presa.
“Deglutisci,
figlia. Ingoia le parole, bloccale nel profondo della tua anima.
Nascondile, chiudi la bocca sul tuo potere. Non maledire, non curare.
Non parlerai, ma imparerai. Silenzio, figlia. Rimani viva».
Ormai
diventata adulta, Lark cresciuta come una prigioniera dal padre,
conosce Tiras figlio del re che le ha ucciso la madre. Tiras è
bello, alto, con occhi neri come la notte, ma soprattutto al
contrario del padre è buono. Ma nonostante ciò prende con sé Lark,
trattandola da prigioniera. Scoprirà ben presto che nonostante non
abbia voce per poter esprimere le sue emozioni, e nonostante la sua
fragilità, la giovane allodole è molto forte e risoluta.
“Lo
desideravo troppo. Aveva ragione: avevo mentito. Essere una semplice
allodola non mi sarebbe mai bastato. Mi aveva rovinato. Mi aveva
fatto desiderare di essere un’aquila”.
Detto
questo, posso tranquillamente confermati che la Harmon mi ha stupita
anche questa volta. Abbiamo si un fantasy davanti, ma uno di quelli
dove L’amore la fa da sovrano. La scrittrice è riuscita a rendere
l’idea del tormento e della passione di Lark in maniera molto
vivida. Le parole, così importanti per ogni società e per ogni
tempo, qui sono quasi tralasciate. Avere davanti una persona muta,
persino adesso, nella nostra epoca, ci porta a non “vederla”, a
pensare di poter esprimere dei giudizi senza tener conto delle sue
decisioni. Ma è il sentimento, è quella forte emozione che rende
una persona quella che è. Non la voce esteriore.
L’autrice
è stata anche molto brava a raccontarci di questo mondo lontano,
popolato da strane creature, emarginate dalla cosiddetta società
“normale”. Partendo da questo ci potrebbero essere molti spunti
di riflessione nei confronti della nostra società. Ma non dovrebbe
essere questa la sede. Qui ci si deve distrarre, si deve volare oltre
questo mondo per atterrare in quello magico e fatato di Jeru, a
stretto contatto con un piccolo uccellino che ancora non sa cantare,
ma che con pazienza e dedizione, è anche con un po’ d’amore,
potrà provarci.
Giovanna
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