È
uscito il 25 settembre “Io, te, tutto” di Catherine Isaac edito
Mondadori.
Non
avevo mai sentito parlare di questa autrice e non è neanche il tipo
di libro che mi ritroverei a comprare per una lettura personale.
Siccome
mi è stato chiesto di recensirlo, farò il mio dovere ahah!
Buona
lettura!
“Io,
te, tutto” è una storia un po’ particolare. Non è il tipico
romance che inizia con l’incontro e vede lo svilupparsi di una
storia d’amore.
I
protagonisti, all’inizio di questo libro, hanno già un passato
complesso. Si sono incontrati anni prima, si sono innamorati, finchè
Jessica non rimane incinta e Adam non è sicuro di volersi fare
carico di tutte le responsabilità che la paternità comporta.
Dopo
varie vicende si separano, Jessica con il bambino da una parte e Adam
dall’altra, riducendo il loro rapporto a videochiamate e visite
sporadiche.
Adam
è un padre assente che chiama solo quando deve, visita solo quando è
obbligato e manda puntualmente l’assegno di mantenimento.
Il
punto focale di questo libro, il motivo che costringe Jessica e Adam
a passare più di un mese insieme è la malattia della madre di
Jessica, ovvero la Corea di Huntington.
Si
parla molto di questa malattia, non solo per il motivo sopracitato,
ma anche perché c’è il rischio che Jessica l’abbia ereditata e
a sua volta l’abbia passata a loro figlio William.
Quando
Jessica e Adam si rincontrano non si può dire che sia proprio amore
a prima vista.
Adam
è un personaggio che commette tanti errori. Ero scettica all’inizio
del libro, non sapevo se fosse mai potuto piacermi un personaggio del
genere. Infatti, non mi è piaciuto. Nonostante, dopo qualche battuta
d’arresto, Adam faccia più o meno di tutto per essere un padre
amorevole e presente, ho avuto per tutto il libro la sensazione che
si comportasse costantemente come un ragazzino cresciuto
controvoglia, che si prende le sue responsabilità perché ad un
certo punto capisce di averla fatta decisamente troppo fuori dal
vaso.
Dal
canto suo, Jessica è una donna molto forte, cresce suo figlio da
sola facendo quel che può, cercando di essere madre e padre per i
primi dieci anni della sua vita, nonostante combatta contro una madre
affetta da una grave malattia del sistema nervoso e contro la
possibilità di diventare un giorno come lei.
A
dire la verità, sebbene mi abbia tenuto attaccata per un buon 80%
perché volevo capire come Adam sarebbe uscito dalla situazione in
cui si era cacciato, non lo reputo un libro così bello ed
emozionante.
Ad
un certo punto ho dovuto interrompere la lettura per fare alcune
commissioni ma, una volta tornata a casa, non ho più sentito il
bisogno di riprenderla per sapere come andava a finire.
A
malincuore devo ammettere che se questo è successo è perché
l’autrice non è stata in grado di trasmettere la profondità dei
sentimenti che dovrebbe legare i due protagonisti. Non sono rimasta
così coinvolta nella lettura da voler fare le tre di notte per
finirlo. Si sa, i libri migliori sono quelli per cui non vai neanche
in bagno finchè non leggi la parola “fine”.
Marcella
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