E' uscito pochi giorni fa in libreria, e dal 21 marzo sarà in tutti i cinema italiani
A UN METRO DA TE scritto da Rachael Leppincot e diretto al cinema da Justin Baldoni.
A un metro da te racconta la storia d'amore tra Will e Stella e la convienza con la Fibrosi Cistica.
Io ho avuto l'opportunità di leggere il romanzo grazie a Mondadori e l'altro giorno quella di poter assistere all'anteprima grazie a Notorious Pictures, la società cinematografica, che distribuisce il film in Italia.
Come tutti i libri/film che trattano di malattie, anche questo mi ha rapito il cuore e mi ha aperto gli occhi su una malattia tremenda come la fibrorsi cistica, di cui non sapevo assolutamente nulla.
E di certo bisogna dare il merito a chi ha ideato il film (se non la sapete, questo è uno dei rari casi in cui, il romanzo è tratto dal film e non viceverza), perché ha posto l'attenzione su una malattia di cui le persone sane non sanno niente. Tra l'altro l'ida del film è nata dalla conoscenza del regista Justin Baldoni che in occasione della realizzazione di alcuni documentari conosce Claire Wineland, che fu lei a parlargli della relazione che intercorre tra amore e Fibrosi Cistica.
Non starò qui a dirvi di cosa si tratta la malattia, non è questo l'intento del post, ma sappiate che nel lungometraggio è ben rappresentata la vita di un malato di Fibrosi Cistica. E quanto intendo la vita, intendo tutti i contro che si possano vivere.
A un metro da te è il racconto di un amore profondo. Uno di quelli che dovremmo vivere tutti. Quel tipo di amore che ti fa rinunciare a tutto, per il solo ed esclusivo bene dell'altra persona. Perché non c'è cosa più grande di volere solo il bene della persona che amiamo di più al mondo.
Due teenagers, Stella e Will malati di Fibrosi Cistica, si conosco in ospedale e si innamorano a prima vista l'uno dell'altra.
Stella e Will non possono toccarsi, non possono sfiorarsi, ma sopratuttto non possono baciarsi. Devono vivere a oltre un metro di distanza.
La fibrosi cistica di Will, per Stella potrebbe essere ancora più deleteria, perché lui è affetto da un ceppo più resistente alle medicine; e per un malato di fibrosi entrare in contatto con questo ceppo vuol dire perdere l'opportunità di un trapianto di polmoni. Ma Stella è più forte e teneca di quello che si possa pensare, e stabilisce una nuova regola con Will. "Io e te a un metro di distanza", grazie all'ausilio di una stecca da biliardo, che rappresenta un pò il prolugamento delle loro braccia. Ognuo si aggrappa a un'estremitàm e quel toccare, mantenrsi, è un pò come toccarsi tra di loro, come tenersi per mano quando al primo appuntamento girano per le corsie dell'ospedale.
Il loro amore è destinato a essere solo platonico.
All'inizio nessuno dei due ammetterà di provare qualcosa per l'altro, ma sarà Poe, l'amico di infanzia di Stella, anche lui malato di FB, a spingerla a "lasciarsi andare".
POE: "Per Stella organizzare il carrello dei medicianli è come avere dei preliminari".
Non voglio farvi il riassunto della trama, credo che a quello non importi a nessuno, ma una cosa ve la voglio dire...
A differenza dei tanti film d'amore costruiti attorno alle malattie dei protagonisti, qui nessuno muore alla fine del film/romanzo.
Lo so, vi ho spoilerato il finale, ma questo non esclude che comunque sia piangerete moltissimo, proprio perché il finale vi stringerà il cuore.
La storia inizia esattamente come finisce.
La voce over di Stella ci spiega l'importanza del
"CONTATTO UMANO".
Ogni giorno diamo per scontato quanto sia banale toccare una persona, abbracciarla e stringerla.
Ma il contatto umano è qualcosa di unico per chi è affetto da FC, che non può toccare in nessun modo chi è altrettando affetto da FC.
Eppure... è una cosa tremanda, perché chi soffre di questa malattia passa molto tempo della sua vita in ospedale e le persone con le quali si lega di più, sono proprio gli altri malati di FC.
Ma la vita non è giusta, a volte.
E cio che resta di questi 3 personaggi, che ognuno a suo modo, si relaziona e combatte la malattia, è il mondo digitale.
Stella, Will e Poe sono separati da un corridoio di reparto, eppure, si parlano, si vedono, mangiano, sorridono, si confidano, e fanno le cure attraverso lo schermo di un computer o di un cellulare.
In princio ci fu Love Story, poi Autumn in New York, passando per I
passi dell'amore, fino ai celebri Tutta colpa delle stelle e Io prima di
te.
A un metro da te, si distingue dai suo predeccessori cinematografici per l'impatto con cui avvicina lo spettatore alla malattia.
A un metro da te, si distingue dai suo predeccessori cinematografici per l'impatto con cui avvicina lo spettatore alla malattia.
Credo che sia il primo film totalmente ambientato in un ospedale. E se da un lato i nostri giovani teenagers sono digitali, perché nati nell'era 2.0, dall'altra lo spettatore deve abituarsi a vivere con loro in un ambiente triste.
Le mode cambiano, la società pure, e se prima nei film di questo genere si preferiva enfatizzare quasi sempre la storia d'amore, lasciando in secondo piano il tema della malattia, con A un metro da te, si travolge tutto.
La storia d'amore e d'amicizia corre di pari passo alle cure mediche.
Non puoi che ridere per i dialoghi divertenti tra Poe Stella, così come non vedi l'ora che Stella e Will si incontrino di nascosto e passino la notte insieme vagando per l'ospedale, ma non puoi nemmeno fingere e chiudere gli occhi, quando quest'ultima ingurgita venti pillole in un colpo, o si alzi la t-shirt per controllare che il sondino che le fora la pancia non faccia infezione.
Ma non dovete preoccuparvi. Non verserete molte più lacrime dei film che vi ho citato sopra. Nulla accadrà che non abbiate già visto o che non possiate immaginare.
Nella storia di A un metro da te, si esalta il concetto del "vivi come se fosse l'ultimo giorno".
Perché è questa la morale del film/romanzo.
Non avere rimpianti, non rinnegarti mai nulla.
Corri il rischio, sempre se lo si può correre.
Non chiuderti in te stesso, ma vivi più che puoi.
E, soprattutto, dai sempre e per sempre importanza al "contatto umano".
Finisco la mia recensione qui, ma voglio darvi l'opportunità di poter vincere la copia cartace che mi è stata donata all'anteprima.
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L'estrazione avverrà il 27 marzo, tramite sito random.org.
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Io di solito preferisco evitarli questi film, mi fanno venire il magone per settimane e mi fanno sentire sempre un pò ipocondriaca mentre li guardo!^^
RispondiEliminaPerò questa sembra una storia bella e toccante e la difficoltà di dover evitare il contatto (soprattutto con la persona che si ama) lo rende davvero interessante: per me sarebbe una tortura non poter toccare ed abbracciare le persone a cui voglio bene!
Baci!
S
https://s-fashion-avenue.blogspot.com
La penso come te, ma è anche giusto che il cinema racconti certe realtà.
EliminaSpesso diamo troppo per scontato le cose. In questo modo, possiamo riflettere e capire quanto siamo fortunati.
Intanto bellissima recensione avevo già in previsione di leggerlo e guardare il film quindi adesso che so che nessuno muore sicuramente lo farò .... il contatto umano per me è essenziale perché è anche un conoscersi l'un l'altro ....
RispondiEliminaTesoro, scrivimi in privato!
EliminaSono contenta di aver letto questa recensione e un Po mi rincuora aver letto di questo piccolo spoiler che non muore nessuno... in genere essendo eccessivamente emotiva tendo un po ad evitare film e libri dove ci sono malattie, sofferenze ma penso pure che bisogna anche vedere e leggerli per rendersi conto di tantissime realtà a noi sconosciute...
RispondiEliminaIl contatto umano è essenziale nella vita perché ci consente di conoscersi,di vivere, di comunicare qualsiasi nostra emozione sia che sia a parole o fisica di qualunque genere(come una carezza, un abbraccio ecc..)